Sono Franca Laviosa, ho insegnato per molti anni nella scuola Pilo Albertelli di Parma.

Erano gli anni fecondi in cui la società tutta, nonostante le resistenze dei conservatori ad oltranza, stava cambiando passo. I lavoratori conquistavano l’articolo 18, le 150 ore, Don Milani era compagno ineludibile insieme a Mario Lodi, Rodari e tanti altri come il MCE di Torino. Si faceva largo l’esigenza di misurare la scuola per renderla veramente una risposta seria all’art.3 della costituzione.

Ebbene, quando nel 1977 si mise mano all’integrazione scolastica, una fertile stagione di cambiamenti sembrava aprirsi in modo inarrestabile e irreversibile.

Ed eccomi al Direttore Cottoni. Funzionario al Provveditorato, organizzò tre corsi che mi aiutarono a scoprire in me stessa capacità nuove e impreviste.

Alla Camera di Commercio ci fu un importante corso di musicoterapia tenuto da un insegnante giovane e allegro danese che ci illustrò come i bambini sordi potessero fare psicomotricità e altro ascoltando brani musicali ritmati e strumentalmente adeguati ai loro bisogni. (ho ancora le sue meravigliose cassette).

Il secondo corso fu tenuto in una scuola forse la Micheli ma quello che importa è che fu tenuto da un celebre psicomotricista e pedagogista francese che illustrò un modo diverso di fare scuola e di come organizzare le aule. Nessuna rigidità, nessuna anarchia, ma una ricerca intelligente e creativa del come fare (ci organizzava in gruppi di lavoro e poi i risultati venivano confrontati non per metterci alla berlina ma per scambiare idee).

Il momento che mi cambiò fu quando ci fece inventare, dividendoci sempre a gruppi, coreografie ascoltando le danze ungheresi. Mi trovai a prendere per mano le compagne di lavoro e con sguardi e sorrisi fummo capaci di danzare sotto lo sguardo compiaciuto di tutte. Poi nella pratica didattica feci tante recite con quel metodo.

Infine l’ultimo momento: venne Cottoni alla Pilo Albertelli dove illustrò con una stupenda tabella  tutte le opportunità di  una nuova organizzazione scolastica ,nuovi contenuti, il rispetto delle diversità, l’atteggiamento inclusivo che insieme avrebbero rigenerato l’educazione e l’insegnamento alle elementari.

Ci condusse nei saperi che già l’università di Bologna stava sperimentando nelle scuole per la realizzazione di una autentica integrazione non di facciata.

Ma questa è un’altra storia.

Devo al Direttore un ricordo fatto di stima e riconoscenza.

 

Franca Laviosa