Per cercare di comprendere la figura di Giancarlo Cottoni occorre cogliere, preliminarmente, la situazione abbastanza arretrata della scuola parmense a partire dai decenni settanta e ottanta del secolo scorso. Io posso testimoniare sulla qualità del suo contributo, avendone avuto esperienza diretta nel momento sia nella mia esperienza di insegnante elementare sia, soprattutto, nel momento in cui fui nominato direttore didattico a Busseto nel 1988. La legge 118/71 sull’invalidità civile aveva sancito, per la prima volta, il principio dell’inserimento dei disabili nelle classi “normali” e avviato il processo di progressiva soppressione delle scuole speciali e delle classi differenziali. Erano gli anni in cui sia pure faticosamente, urtando contro consolidate abitudini e inveterati pregiudizi, entrava a regime la legge 517/77 e i docenti e i Capi d’Istituto più sensibili e avvertiti sentivano l’esigenza di realizzare compiutamente l’integrazione scolastica degli alunni con handicap nelle classi comuni. La stessa legge introduceva la figura innovativa del docente di sostegno, fonte di arricchimento dell’offerta formativa e punto di riferimento degli apprendimenti personalizzati e della formazione integrale degli alunni “diversamente abili”. Erano gli anni in cui la scuola elementare era attraversata da quei fermenti vitali di riforma che sarebbero sfociati nell’emanazione – con D.P.R. 105/1985 – dei Nuovi Programmi didattici della scuola elementare.  La conseguente legge 148/90, avrebbe completato la riforma dell’ Ordinamento del primo segmento della scuola dell’obbligo con l’introduzione innovativa delle classi a modulo e con una compiuta e coerente architettura. Ma erano anche gli anni in cui era ancora forte l’impronta burocratica della tradizionale scuola-apparato. Una parte consistente dei colleghi trovava sicuramente conveniente trincerarsi dietro il comodo alibi dell’assillante assorbenza degli adempimenti amministrativi per trascurare la pur necessaria funzione di promozione e coordinamento dell’attività didattica. Qualcuno, purtroppo, era drammaticamente lontano dal poter assolvere un compito così impegnativo. Valga un episodio emblematico che non ho mai dimenticato. Nel 1985 fui chiamato dal direttore didattico, da poco insediato, che mi chiese: “Sento sempre parlare di Organi Collegiali, organi collegiali di qua, organi collegiali di là, ma – mi dica maestro – cosa sono?” Ricordo l’esterefazione e l’imbarazzo della mia risposta: “Ma, veramente, direttore, quando lei presiede il Collegio dei Docenti…”. “Ahhhh…”rispose con sorpresa. Finalmente, dopo 10 anni dalla loro introduzione, aveva compreso se non altro il significato del nome “Organi Collegiali”. L’introduzione degli organi collegiali per Giancarlo Cottoni non furono soltanto una buona occasione per avviare e consolidare la gestione democratica della scuola ma costituirono anche l’ispirazione per superare la solitudine professionale dei presidi e direttori didattici, ancora considerati anelli terminali della scuola apparato. In questo senso svolse un ruolo determinante nel promuovere la collegialità dei Capi di Istituto a livello provinciale e distrettuale, anche al di fuori delle convocazioni ufficiali delle “Conferenze di servizio” convocate dai Provveditori agli Studi di turno. Questa sua visione non mancò di metterlo in contrapposizione non solo con questi, considerando anche che a Parma si susseguirono in breve tempo ben tre Provveditori agli Studi a dir poco sprovveduti e non attrezzati culturalmente ad affrontare i cambiamenti epocali di quegli anni. Tali contrapposizioni emersero anche all’interno del corpo professionale dei Capi d’Istituto, con la conseguente manifestazione di azioni di contrasto e di pregiudizio nei suoi confronti.

Questi fatti mettono in risalto quanto, al contrario, Giancarlo Cottoni fosse illuminato e dotato di spessore culturale, interprete delle istanze più genuine di riforma profonda delle pratiche scolastiche, apertamente schierato sulla frontiera avanzata dell’innovazione pedagogica e didattica. Se volessimo utilizzare una formula – del resto nata in quegli stessi anni – potremmo senza dubbio definirlo un promotore della “scuola-servizio”, dove la centralità dei bisogni del bambino prendeva il posto della tradizionale uniformità della scuola-programma. In particolare, il suo impegno – come è noto – era rivolto al riconoscimento delle diversità intese come valore e della qualità della relazione come elemento costitutivo del processo educativo. I contributi di Giancarlo Cottoni si sostanziavano in una ricca e instancabile produzione di “Quaderni” e materiali vari che costituivano un ventaglio di proposte educative che si traducevano sul piano didattico nella quotidianità della vita della classe. A metà degli anni novanta anch’io, su quella scia, sono stato lieto di affidargli, per la pubblicazione da parte dell’allora  CEDIS, due “Quaderni degli appunti”: “Orientamenti per un Progetto-lettura” e “Verso una scuola multimediale”. In anticipo sui tempi, il suo lavoro era orientato alla costituzione di una scuola in rete, ancora prima della nascita del web.

E’ anche il caso di ricordare che Giancarlo Cottoni accoglieva con piacere gli inviti che provenivano dagli Istituti dove teneva conferenze sui temi dell’Integrazione che lasciavano il segno e tracciavano spesso il solco all’interno del quale ci si poteva muovere nell’ottica di un sistema sinergico dove dirigenti, insegnanti, genitori, organizzazione e strutture trovavano una voce comune.

Non sono in grado oggi di verificare e valutare quanto del suo esempio sia stato recepito e praticato ma sicuramente sarebbe auspicabile che il patrimonio culturale che Giancarlo Cottoni ci ha lasciato non solo non sia dimenticato ma costituisca una preziosa eredità per le generazioni attuali e future.

Paolo Quintavalla – ex dirigente scolastico – Parma