Integrazione e relazioni

Tutti i problemi, che si incontrano per realizzare l’integrazione, sono problemi relazionali.

E’ dunque essenziale, per risolvere quei problemi, concepire correttamente la relazione. Per fare questo non possiamo contraddire alcune verità elementari.

Ogni rapporto è lo svolgimento di una relazione, sia quando l’abbiamo con noi stessi in quel dialogo continuo che ci rivolgiamo nell’intimo del pensiero e della coscienza;  sia quando l’abbiamo con altri in uno scambio interpersonale necessario nell’esistere e nel vivere assieme;  sia quando l’abbiamo con la natura e con le cose, comprese quelle che ci siamo fabbricate.

L’importanza della relazione con noi stessi è molto grande, dal momento che essa,  spesso involontariamente,  è la matrice con la quale costruiamo le relazioni con gli altri. Non a caso si fa la constatazione che un buon rapporto con se stessi è la condizione  di un buon rapporto con gli altri.

L’importanza delle relazioni con gli altri non ha bisogno di essere dimostrata:  basta dire che non è possibile vivere senza di esse, perché sono, come si diceva, gli strumenti della socializzazione necessaria alla convivenza.

E’ addirittura  strano che molti identifichino la socializzazione nelle relazioni interpersonali poco impegnate, finalizzate soprattutto all’espressione della benevolenza e della simpatia, e spesso prevalentemente ricreative in sostituzione di quelle definite nel produrre risultati duraturi e visibili.      Nella scuola, ad es., si è persino arrivati a dividere,  come se fosse possibile, l’apprendimento dalla  socializzazione,  intendendo per apprendimento solo quello legato a certe nozioni e la socializzazione come una sorridente mancanza di conflittualità. In realtà, invece, l’apprendimento, indicato dal potenziale di sviluppo, qualunque esso sia, è lo strumento della socializzazione, e questa ne è il frutto.

Nel lavoro l’apprendimento del ruolo di coloro con i quali bisogna collaborare, e delle procedure di conduzione degli strumenti  del lavoro da svolgere, generano quella socializzazione lavorativa e produttiva, che realizza le finalità dell’azienda.

Nel tempo libero poi  l’apprendimento sia della parte che gli altri sostengono nel gioco o nello scambio delle idee,  sia della realtà ambientale nella quale ci si trova,  è lo strumento di quella più ampia e creativa socializzazione, che ci diverte e ci riposa.

Le condizioni di una buona relazione sono:

–   l’intenzione e la volontà di avere rapporto;

–   l’accoglienza  dell’altro,  attenta,  silenziosa e benevola,  nelle sue caratteristiche, nelle sue intenzioni,  nei suoi comportamenti;

–   la prudente manifestazione della nostra presenza (volontà,  sentimenti, desideri,  competenze, ecc.),  per arrivare ad un confronto costruttivo;

–   la disponibilità a pagare un prezzo relazionale nell’affermare se stessi, i propri punti di vista, i propri desideri;

–   la volontà di costruire una realtà più grande di quella esistente all’inizio del rapporto.

La relazione dovrebbe essere guidata da chi ha più competenza, più capacità e più esperienza;  ma non sempre questo accade.

Infatti quando queste doti sono supposte,  ma non esistono, tutte o in parte,  la relazione è guidata da chi ha ricevuto il ruolo di farlo.

Quando per scelte sbagliate di chi guida, la relazione diventa difficile, in essa compare l’handicap.

Giancarlo Cottoni